#VeritàPerSana: sviluppi da sapere e un appello urgente – SLUM

In poco tempo è stato detto tutto e il contrario di tutto a proposito della morte di Sana Cheema ed è il momento di fare una nuova analisi e lanciare un appello e una campagna fondamentale per il proseguimento delle indagini.

Abbiamo già discusso qui di Hina Saleem, ventenne italo-pakistana uccisa dal padre nel 2006 per essersi “occidentalizzata”, un femminicidio che ha reso moralmente complice il resto della famiglia e la comunità pakistana di Brescia. In questa sede, vorremmo sottolineare quel che accomuna Hina e Sana, ovvero la provenienza dal distretto del Gujrat, una zona arretrata e molto maschilista rispetto al Pakistan metropolizzato, e l’esser cresciute nella medesima città e, soprattutto, nella stessa comunità di immigrati. Persone, e parliamo della prima generazione in particolare, per cui l’Italia è un luogo di passaggio e d’affari, un paese in cui lavorare, guadagnare e metter su famiglia prima di tornare a casa a godersi il guadagno, i parenti rimasti lì e la vecchiaia – per questo non è considerato necessario integrarsi, visti gli intenti sarebbe fatica sprecata. Brescia è il punto nevralgico per la comunità pakistana in Italia ed è abitata per la maggior parte da nuclei familiari provenienti dal Gujrat e dalle sue città, come Jhelum, Lalamusa o Khariyaan, molto diverse dalle città urbane come Islamabad, Lahore o Karachi.

La questione delle donne ribelli , quelle che in Italia sono donne integrate e desiderose d’emancipazione dai patriarcalismi e mentalità già obsolete, e dei loro femminicidi e violenze è davvero molto sentita in Italia, ma in Pakistan la faccenda è più complessa. Nonostante il paese si stia intensamente protendendo verso i diritti umani e la lotta contro la violenza sulle donne e sulle minoranze, i femminicidi continuano ad essere normale amministrazione, tanto che secondo la Commissione Indipendente per i Diritti Umani circa 1.100 donne vengono uccise ogni anno e almeno la metà di esse sono vittime delle famiglie convinte che queste le abbiano “disonorate” con la loro condotta. Donne sfuggite al controllo, disobbedienti e, per questo, punite.

 

Corruzione e gerarchie

Per accertarsi che le vittime ricevano giustizia, le NGO e altre varie associazioni lavorano duramente affinché i delitti siano denunciati. Se già esistono dei problemi di corruzione fuori e dentro le autorità, uno dei più grandi è la mancata denuncia; purtroppo, le famiglie e le comunità dei villaggi fanno passare i femminicidi per delle morti accidentali. Bastano pochi spicci per manipolare un certificato di morte e, come se non bastasse, le autopsie sono una prerogativa delle grandi città metropolitane e sono un servizio da richiedere esplicitamente dalle cittadine sparse nelle zone come, appunto, il distretto di Gujrat.
Parlando di territorio, a Mongowal, la cittadina di Sana, nel distretto del Gujrat, c’è un sistema culturale spesso chiamato “feudale” per via di una gerarchia potente e informale. Le autorità locali, la polizia e chiunque applichi la legge, gli ospedali e gli uffici governativi sono sottoposti all’influenza dell’uomo più ricco, potente e ben “allacciato” alla politica (e spesso ai luoghi di culto) del posto, una sorta di “signore feudale”, seppur non ufficialmente. Chiunque abbia il supporto e il consenso del signore può avere 1, 10, 100 certificati di morte per camuffare un omicidio. E la polizia non indagherà né accoglierà delle denunce senza permesso. Come vuole la legge dell’attivismo, è soltanto grazie alle pressioni e all’opinione pubblica se qualcosa si è mosso nel caso di Sana Cheema. E non deve fermarsi.

 

Le ultime notizie

La mattina del 23 aprile il rappresentante della comunità pakistana di Brescia, Raza Asif, ha parlato di informazioni ufficiali avute dall’Ambasciatore pakistano a Roma, Nadeem Riyaz, e dal Console Generale di Milano Nadeem Khan, per le quali non c’è certezza sull’omicidio, non sono state sporte denunce alla Questura di Mongowal e pertanto nessun parente di Sana è stato arrestato. Asif ha contestato l’informazione che parlava di omicidio in modo certo ed ha voluto rimarcare che la comunità di Brescia, composta da 140mila persone, è la seconda più grande comunità pakistana in Europa e che è composta da “pacifisti” che “condannano la violenza sulle Donne di qualsiasi natura”; quindi, qualora Sana fosse stata uccisa, si tratterebbe di un caso isolato (presumibilmente come quello di Hina) da non demonizzare.

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L’ultimo post. Pare che la foto profilo sia stata cancellata ancor più recentemente

Non dissimilmente si sono espressi sui social molti pakistani, privatamente e pubblicamente, e i ragazzi (solo ragazzi) della manifestazione di piazza della Loggia, che hanno parlato di informazione sensazionalista e propaganda razzista. Asif ha anche risposto alle domande di Chi l’ha visto? affermando che Sana fosse via da Novembre, sminuendo l’ipotesi che fosse partita per un viaggio senza ritorno. Poco prima, la comunità di Brescia ha fatto sapere che fosse deceduta per un infarto o per un suicidio (informazione poi ripresa, riconfermata, rimessa in dubbio). Eppure, sappiamo benissimo dalle testimonianze che ci sono pervenute e dall’ultimo post su Facebook della giovane, datato 3 Marzo, che Sana Cheema fosse viva, sana e in Italia circa un mese e mezzo fa.

Chi l’ha visto? ha anche diffuso la seguente immagine che ritrarrebbe l’uomo insieme ad altre persone col volto oscurato, scrivendo che fosse in libertà. Abbiamo ben analizzato la foto e la nostra impressione è che questo gruppo si trovi in una qualche sede politica, un luogo di ritrovo “particolare”. Basta, infatti, osservare il grande cartello appeso in fondo a sinistra, sicuramente (vista l’impostazione delle immagini) un collage dei volti della politica della zona o un cartello delle campagne elettorali. Quale posto migliore in cui chiedere consiglio al signore feudale per delle brutte faccende?

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Adesso sappiamo con certezza, grazie alla cooperazione con il giornalista pakistano e conduttore del Canale 92 Danish Hussain, che le autorità, dopo che un fascicolo è stato aperto e il caso è scoppiato tra le testate del paese, non sono riuscite a trovare il padre e lo zio della ragazza. Sono, quindi, fuggiti.

 

#VeritàPerSana

 

Noi non abbiamo dubbi sul fatto che Sana sia stata uccisa, anche se ci piacerebbe essere largamente smentit*. Grazie alla stampa italiana e da poco alla stampa pakistana, le autorità si sono mosse e hanno scoperto la fuga dei parenti di Sana Cheema. L’opinione pubblica può smuovere la politica, l’informazione, la giustizia, e non possiamo permettere che le acque si calmino. In Pakistan è quasi opportuno esercitare pressione affinché parta una richiesta, per questo dobbiamo assolutamente insistere affinché un giudice prenda in mano questo caso e ordini il recupero della salma e la sua autopsia per determinare le vere cause del decesso. E’ necessario insistere affinché le indagini vadano avanti e il padre e lo zio della giovane italiana-pakistana siano trovati e interrogati. Perché nascondersi se innocenti? Il Pakistan deve muoversi affinché siano tutelati i diritti delle donne del paese ed emigrate, l’Italia deve mobilitarsi anch’essa per i diritti umani e delle donne e per una nostra connazionale. L’ambasciata italiana in Pakistan deve essere sollecitata e deve chiarire il suo ruolo in questa vicenda, inoltrando il nostro desiderio di sapere e ottenere verità e giustizia.

Rompiamo il silenzio. Unitevi a noi nella nostra campagna “Truth for Sana” per chiedere un’autopsia e che le indagini vadano avanti, per il diritto di una e mille donne ancora, contro i maschilismi che massacrano le donne in Italia come in Pakistan. A costo di manifestare sotto le ambasciate, il nostro attivismo va avanti e chiama a partecipare le NGO, le associazioni e chiunque voglia dare il suo contributo. Chiediamo caldamente ai giornali italiani e pakistani di collaborare per scambiarsi delle informazioni veritiere.
La campagna funziona in modo semplice: fatevi una foto con un cartello o delle scritte che recitano #TruthForSana e #VeritàPerSana, col vostro nome e il paese, potendo aggiungere anche #SanaCheema, #GiustiziaPerSana e #JusticeForSana. Pubblicatele sulle vostre bacheche e mandatecele per farle girare proprio sotto gli occhi degli ambasciatori, dei giudici, dei giornalisti.
Verità per Sana!

 

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Sveva Basirah e Wajahat Abbas Kazmi

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