DolomitiPride: non provocate una musulmana femminista! – SLUM

Una nostra amica dalla pagina Laboratoria Le Storpiature ci ha mandato il racconto di cosa le è successo durante il DolomitiPride, un episodio machista e islamofobo, che noi tutt* condanniamo, da sorelle e compagn* che siamo.

Abbiate terrore di una islamica femminista, perché la sua rabbia non si arresta.

Indosso il velo tutti i giorni. E’ un simbolo ambiguo, il cui significato dominante che si vede tutti i giorni nelle strade non corrisponde affatto a quello che io gli attribuisco.
Il 9 giugno, a Trento, sono scesa a fianco delle mie compagne frocie, trans, queer e transfemministe al gay pride, scegliendo di esprimere liberamente il significato che per me può assumere. Così mi sono presa la libertà di essere stonata agli occhi della gente: ho indossato il burqa e un reggiseno poco coprente. Un modo per uscire da quella dannata narrazione che moltx musulmanx portano avanti su una fantomatica purezza “femminile” che si esprime coprendo il proprio corpo. Non mi interessa essere pura, non so nemmeno cosa voglia dire.
Un gesto di provocazione, sia per coloro che nel velo ci credono, sia per coloro che del velo e del diverso hanno paura.
Ebbene, a quanto pare la provocazione ha colto nel segno.
Nemmeno il tempo di prepararci, che un uomo della digos, dall’alto del suo paternalismo, si è avvicinato a me e a una compagna “chiedendo” a LEI se IO potevo di togliermi il burqa, per essere riconoscibile e allo stesso tempo non riconoscendomi come interlocutrice. Non si è certo chiesto se chiedere a una persona di essere riconoscibile a un pride in cui in moltx scendono mascherati, truccati e stravolti nelle loro fattezze fisiche per essere quello che nella loro quotidianità non possono essere per via di una società eteronormata, non sia un forte controsenso.
Non ho accettato di togliermelo e dopo una consultazione con altri agenti è tornato a chiedermi i documenti, assieme a una donna, pensando forse così di essere più equiggender. Al che, insieme alle compagne, gli si è risposto evidenziando la contraddizione della loro richiesta. Di fronte a una moltitudine di persone irriconoscibili solo io dovevo farmi riconoscere. Non è stato un caso, non è stato un controllo ordinario in cui fermano una persona a random. E’ stato un attacco diretto a una persona che indossava un simbolo che indica un credo e una cultura differente, ma che alla loro mente richiama non si sa cosa di pericoloso. E’ stato un attacco islamofobo e razzista.
Al fine di evitare ulteriori pressioni ho mostrato i miei documenti, di cui hanno fatto la foto… così, non si sa mai, se fosse scoppiata una bomba in mezzo al corteo almeno avrebbero saputo chi fosse stato.
La loro azione è stata veramente indicativa, mi ha ricordato i motivi per cui ero scesa in piazza e per cui è importante continuare a lottare con i nostri corpi non normati. Mi ha dato la giusta rabbia per affrontare il corteo, in cui con le compagne abbiamo portato un discorso di rottura nei confronti della retorica mainstream, istituzionalizzata e turistica del DolomitiPride in cui hanno festeggiato anche gli sbirri, gli stessi contro cui sono nati i moti di Stonewall.

Grazie!

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2 risposte a "DolomitiPride: non provocate una musulmana femminista! – SLUM"

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  1. il volto deve essere riconoscibile a meno che non ci siano motivi di salute e sicurezza che qui non c’erano quindi il burqa deve essere vietato. Truccarsi la faccia non la rende irriconoscibile, il burqa sì. La Digos ha fatto il suo dovere, nessun razzismo. Era suo dovere fare dei controlli

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