l’Islam e la donna in Tunisia, ieri ed oggi – (parte prima: al-Haddad) – SLUM

Oggi che la Tunisia dimostra ancora una volta di saper compiere passi da gigante, raccontiamo la sua storia attraverso gli occhi dell’insegnante Iman Hajji in un ciclo di tre interessantissimi articoli.

Grazie Iman!

La Tunisia è un paese considerato in anticipo rispetto alla maggior parte dei paesi arabi a proposito dei diritti delle donne. Lo status delle donne in Tunisia è considerato un simbolo nazionale e i tunisini ne sono molto orgogliosi. Cercherò di illustrare l’evoluzione dello status delle donne in Tunisia a partire dall’inizio del XX secolo fino ad oggi.

La figura cruciale che sta dietro all’evoluzione dello status legale delle donne nel Paese è al-Tahir al-Haddad, considerato il primo femminista tunisino. Al-Tahir al-Haddad Tahar_Haddad_zpsc75779ebnacque a Tunisi nel 1899 da una famiglia povera di un villaggio nel sud della Tunisia. Il giovane al-Haddad frequentò diverse scuole di Corano tradizionali a Tunisi, poi studiò nella prestigiosa università al-Zaytuna, il principale centro di studi islamici in Tunisia, dove conseguì la laurea, nel 1920. Questa laurea gli permise di lavorare come notaio, ma al-Haddad preferiva esercitare il lavoro notarile come freelance e iniziò degli studi in materia di legge. Interruppe i suoi studi dopo solo un anno e si dedicò completamente al sociale e alla politica. I suoi principali interessi erano l’ingiustizia sociale e l’istruzione, in particolare teneva alla riforma del sistema educativo. A questo proposito, scrisse un trattato sul sistema educativo proponendo in che modo sarebbe potuto essere riformato. Tale trattato è stato pubblicato solo post mortem nel 1981.

Nel 1927 pubblicò un lavoro sull’emergenza del primo sindacato tunisino (CGTT, Confédération générale des travailleurs tunisiens), che co-fondò con l’amico Muhammad Ali al-Hammi nel 1925. Quest’opera rimane un modello di riferimento per chi vuole apprenderne la storia e offre dettagli importanti su come si è formata e sviluppata la sua organizzazione. Ma quella che è considerata la sua opera più importante, è un libro che ha pubblicato nel 1930 con il titolo “La donna tunisina nel diritto e nella società” (letteralmente il titolo sarebbe  “la nostra donna …”, ma visto che al-Haddad ha parlato esclusivamente della società tunisina e delle sue particolarità, sembra appropriato tradurre “la donna tunisina”).

Per al-Haddad “una società in cui le donne non sono liberate, non è veramente libera“. Secondo lui, la discriminazione delle donne rappresenta un ostacolo per il progresso sociale e, perciò, un problema da risolvere. Al-Haddad pubblicò il suo libro in un periodo in cui in Tunisia era una gran misoginia a dettar legge, in cui anche in trattato.pngFrancia le donne non avevano ancora il diritto di voto e venivano bandite da Harvard. Quel che è estremamente interessante dell’approccio di al-Haddad è il fatto che lo studioso argomenta secondo la sua comprensione islamica. Non elabora alcuna tesi basandosi sul proprio punto di vista, ma su ciò che giudica essere l’insegnamento islamico. In questo modo, e senza respingere la cultura tunisina nel suo complesso, ha messo in discussione persino il velo indossato dalle donne. Quando parlava del velo, si riferiva ad un velo che copre tutto il corpo della donna, inclusi il viso e le mani, come era comune nella Tunisia da lui vissuta. “Ogni volta che rifletto sulla questione del velo, riconosco in essa il nostro egoismo, che si nasconde dietro i sentimenti religiosi.

Rivendicò l’eguale diritto di successione per le donne e l’istituzione di tribunali per il divorzio per impedire il ripudio delle donne e consentire alle donne di chiedere il divorzio ai loro mariti. Ha anche dibattuto contro il matrimonio forzato e la poligamia, che considera implicitamente negati dal Corano e prestò particolare attenzione alla necessità di educare le donne per consentire loro di partecipare alla vita civile.

Se altri attivisti per la liberazione nazionale abbracciavano le idee occidentali sui diritti civili, al-Haddad si appoggiava alla cultura islamica, dimostrando che i diritti civili fondamentali non sono in contrasto con gli insegnamenti islamici, ma sono, al contrario, persino richiesti.

Per quanto riguarda l’ereditarietà, ad esempio, al-Haddad sostiene che nell’Arabia preislamica le donne non avevano alcun diritto di successione – l’eredità poteva piuttosto ricadere sui cognati e la famiglia del marito defunto poteva risposare la vedova ad libitum, come fosse un bene materiale. L’Islam non solo ha proibito queste pratiche, ma ha persino attribuito alle donne il diritto alla successione – anche se ciò non ha portato all’uguaglianza immediata nell’eredità. Tuttavia, al-Haddad sottolinea che questa circostanza era comunque giustificata. Da cosa? Nella prima fase dell’esistenza dell’Islam, gli uomini hanno svolto il ruolo di capofamiglia ed erano, dunque, responsabili della sussistenza e della sicurezza della famiglia. Dovevano anche difendere gli interessi della propria tribù, il che significava doversi esporre al pericolo e alle difficoltà. Pertanto, il privilegio degli uomini nell’eredità era giustificato; lo studioso sostiene anche che il testo sacro mostri semplicemente la debolezza e l’arretratezza delle donne in questo particolare contesto storico. Questa situazione, che è stata la causa della dipendenza delle donne dagli uomini, eppure, non è si è mantenuta costante. Quindi, secondo al-Haddad, lo sviluppo sociale delle donne legittimerebbe la modifica della legge sulle successioni.

Al-Haddad sostiene che l’Islam si appoggia ad una giurisprudenza progressiva che tende ad adattare i suoi principi alle condizioni specifiche di tempo e spazio. Esemplifica, infatti, la sua argomentazione con l’esempio della schiavitù e sottolinea che anche se il Corano ammette l’esistenza di schiavi, che rimangono schiavi anche se si convertono all’Islam, l’emancipazione degli schiavi viene approvata direttamente:

XXIV, 33: “e ai vostri schiavi, che ve lo chiedano, concedete l’affrancamento contrattuale (l’emancipazione), se sapete che in essi c’è del bene”
sura 24 aya 33.png

Difatti, la schiavitù è stata effettivamente abolita (la Tunisia è stata il primo paese arabo ad abolire la schiavitù nel 1846) anche se è permessa dal Corano, poiché il Corano stesso non poté proibire direttamente una pratica tanto comune e radicata se non approvando a incoraggiando l’emancipazione degli schiavi. Sembra importante per al-Haddad che non solo la legge islamica sia progressista, ma che l’Islam debba essere considerato di per sé una religione progressiva perché i principi sono costruiti progressivamente e perché l’Islam può essere adattato ai cambiamenti sociali.

Le reazioni alle riflessioni di al-Haddad sono state molto aggressive. Fu ufficialmente marchiato come eretico dagli studiosi di al-Zaytuna che lo privarono della sua laurea. La decisione del Dipartimento di Giustizia di cancellare la sua missione notarile ebbe subito gravi conseguenze poiché non poté più esercitare la sua professione. Numerosi articoli furono pubblicati contro di lui, non solo in Tunisia, ma anche in Algeria e in Egitto. Fu aggredito fisicamente per le strade e maledetto dalle cupole delle moschee. Sono state pubblicate anche diverse opere polemiche contro la sua persona. La risposta più famosa è dello studioso di al-Zaytuna Muhammad Salih ibn Mrad, “Sull’afflizione della moglie di al-Haddad”. Il titolo rende facile immaginare il tono di questa composizione, lavoro in cui al-Haddad viene dichiarato un “diavolo dannato” e un pazzo. Fu anche accusato di aver avuto intenzione di distruggere i fondamenti islamici e di aver fatto propaganda al Cristianesimo.

 Al-Haddad apprese dolorosamente che la sua nazione e il popolo a cui apparteneva non erano ancora pronti per la sua visione dell’Islam e dichiarò, affranto: “Il pensiero rappresenta l’inizio della vita, ma lo affrontiamo con l’eresia come arma, in modo che la gente si ritorca contro di esso. Quindi da dove potremmo iniziare questa vita, che cosa esigiamo per la gente? ”

Soffrendo di una grande depressione, al-Haddad scelse il completo isolamento. Colto da una malattia cardiaca morì, solitario, all’età di 36 anni, il 7 dicembre 1935.

 

unnamed.jpgNel 2009 Iman Hajji si è laureata all’Università di Colonia con un eccellente Master in Studi islamici, Etnologia e Diritto pubblico. Ha ricoperto vari assistentati di ricerca e docenze presso l’Istituto Orientale dell’Università di Colonia e l’Università di Lione. Nel 2009, ha pubblicato il suo libro “Ein Mann spricht für die Frauen. At-Tāhir al-Haddād und seine Schrift “Die tunesische Frau in Gesetz und Gesellschaft”, traducibile in italiano con “Un uomo che parla per le donne. At-Tāhir al-Haddād e la sua opera “La donna tunisina nel diritto e in società””, (Klaus Schwarz Verlag/Berlino), che tratta della vita e del lavoro del pensatore riformista tunisino al-Haddād e delle sue interpretazioni femministe dell’Islam. Nel 2015 Hajji ha ricoperto il ruolo di funzionaria statale e attualmente lavora come insegnante di tedesco ne il Collegio di Meyzieu (Lione).

Recentemente, Hajji ha scritto e presentato la sua tesi di dottorato di ricerca all’Università di Lione in linguistica, letteratura e civiltà araba su “Prima guerra mondiale, pan-islamismo e nazionalismo tunisino. Le figure tunisine in Germania all’inizio del XX secolo.”. La disputa si terrà nel dicembre 2018.

 

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