Siccome negli anni da quando ho iniziato a condividere la mia storia di stupro e abusi sessuali ne ho sentite un po’ di tutti i colori, spesso in buona fede, vorrei provare a fare un po’ di debunking di alcuni luoghi comuni sull’argomento. Per farlo, ho scritto questo pezzo e i/le/* compagn* di SLUM hanno integrato le loro osservazioni.
tutte le illustrazioni sono di Hana Shafi, @frizzkidart su IG
Non un solo tipo di violenza – né di “cura”
Non esiste uno “stupro da manuale”. “Hai subito una violenza? Non credevo, non si nota“: no, non si materializza alcun simbolo visibile della violenza dopo averla vissuta. Non solo: dopo un abuso le reazioni sono varie e molteplici. Ad esempio, c’è chi ha trattato l* stupratore come se fosse stata una persona amica e come se la violenza fosse stata un normale rapporto. C’è chi poi lo ha rivisto, a volte subendo di nuovo uno stupro perché intrappolat* nel sistema di “coazione a ripetere”, il meccanismo per cui la vittima ricrea inconsciamente la situazione della violenza per cercare di cambiarne l’esito e portarsi dietro un altro ricordo e delle altre sensazioni, capaci di cancellare quelle precedenti. Qualcun* è spaventat* dal dire che ha raggiunto l’orgasmo, e si sente in colpa, spesso non sapendo che in verità è una pura reazione fisiologica del corpo che non ha a vedere col piacere o con la volontà.
Non sempre si fugge in lacrime, anche se chiaramente succede! Molt* tornano a casa e riprendono immediatamente la vita quotidiana come se niente fosse successo, anche nel caso in cui la violenza fosse stata inflitta dal partner – ed è ancora più difficile prendere coscienza del fatto che una persona di cui ci fidiamo e che dovrebbe prendersi cura di noi, ci ha fatto del male. E’ normale e consequenziale: è come se il nostro sistema mente-corpo si prendesse il suo tempo per dirci del trauma! Anche trattare il carnefice con confidenza è parte del meccanismo, è un modo per non realizzare immediatamente di essere in pericolo e pensare che va tutto bene, se no il dolore sarebbe fortissimo. Il corpo si rifiuta di patirlo tutto insieme ed è giusto assecondarlo e prendersi il proprio tempo per constatare l’abuso e altro tempo per dargli un nome.
Lo stupro che vive nel nostro immaginario è stereotipato. Prevede un uomo (o più), un estraneo, che afferra una donna, le strappa i vestiti e la violenta, di solito per strada. Questa narrazione parla di fatti che esistono, accadono tutti i giorni a tutte noi, in ogni parte del mondo e a prescindere dall’ora, dal luogo o dall’abbigliamento della vittima; tuttavia, i dati ci dicono che la stragrande maggioranza delle violenze domestiche, sessuali, psicologiche e economiche, avvengono in casa. C’è un legame tra il carnefice e la vittima, per questo motivo è più accentuata la dinamica della violenza. E’ più “facile” raffinare i modi per sottomettere un* partner per sentire di aver più potere di l*i, il carnefice punta a togliere all’altr* il potere che ha di scegliere per se stess*, a renderl* inerme, umiliarl*, a degradarl*: così, anche un compagno può vìolare l’intimità della persona che ha accanto.
Ed ancora, lo stupro NON riguarda la voglia di fare sesso. La violenza non è dettata dalla libido, ma dalla volontà di schiacciare e sovradeterminare l’altra persona, e che ha in sé una violenza psicologica molto, molto pesante. È proprio questa violenza, quella che fa sentire la vittima piccola, in torto, impotente, addirittura in colpa, a fare lo stupro.
Il carnefice può lavorare sui punti deboli dell’altr*: può dirle/gli/* che “se non fosse per l*i, non l* scoperebbe nessuno”, perché brutta, stupida, giovane e inesperta, vecchia, disabile, straniera, strana (o altra motivazione qualsiasi e dannatamente sbagliata per legittimare la cosa). Che forse, se non vuole farlo, ha tradito e non ha più voglia. Oppure, che non ha senso rifiutare la persona che si ama, che è da spostat*, che un* partner ha il diritto di pretendere il sesso. Potrebbe ricattarl* con delle foto o dei segreti. Potrebbe rinfacciare delle cose e far sentire l’altr* in colpa. Insistere, prendere per sfinimento, pestare i piedi, elemosinare del sesso. Trasformare le coccole in un rapporto indesiderato, non ascoltare un no, ignorare il panico dell’altr*, sfilare il preservativo.
Insomma, potrebbe farl* credere tante cose pur di invalidare e non rispettare il suo consenso, farl* impazzire o passare per folle (tecnica di manipolazione che si chiama gaslighting).
Pertanto, è chiaro che lo stupratore non è per forza un uomo, e la vittima non è per forza una donna, anche se i numeri e la cultura ci dicono che la violenza misogina è predominante. Chiunque può fare o ricevere violenza. Questa consapevolezza è importante, perché dimostra chiaramente quanto la violenza patriaricale sia interiorizzata da tutt*.
Libido e sessualità
Un colossale luogo comune riguarda la capacità e il desiderio di avere rapporti sessuali dopo uno stupro. Chiariamolo: si è comunque capaci di fare sesso, seppur a volte subentrino problemi psicologici e/o fisici che possono assolutamente essere trattati e risolti; non solo, lo stupro non rende asessuali. Il pregiudizio nei confronti delle persone asessuali vuole che siano diventate asessuali in seguito a un trauma, mentre non è affatto così. L’asessualità è un orientamento sessuale e in quanto tale non ha una causa scatenante, esiste a prescindere. No, lo stupro non annulla la libido, sì, si può perfettamente avere una vita sessuale sana e soddisfacente dopo aver subito stupro o altri abusi sessuali, e può continuare anche a praticare autoerotismo. È chiaramente una cosa che va tenuta in considerazione, sia da chi ha subito violenza (che potrebbe minimizzare oppure non sapere/non pensare che stupro e violenze possano avere ripercussioni sulla vita sessuale futura) sia da parte de* partner qualora ovviamente ne siano a conoscenza. Possono esserci anche a distanza di anni determinati trigger, può anche benissimo essere che una persona non voglia più avere rapporti sessuali, ma non è assolutamente detto.
Non dimentichiamo di specificare che un abuso NON cambia l’identità di genere o l’orientamento sessuale di una persona, esattamente come non succede dopo i cosiddetti “stupri correttivi”. Un abuso non cambia l’essenza di chi l’ha subìto, e tutto quel che non è etero o cisgender non va trattato come il frutto d’un trauma.
Un altro luogo comune che ho notato riguarda i rapporti occasionali. Pare ci siano persone che credono che se si è subita violenza non si voglia, o addirittura non si debba, avere rapporti occasionali o relazioni di solo sesso. Di nuovo, non è assolutamente detto. Ogni persona ha il suo particolare modo di reagire a una violenza, ma non necessariamente si perde la voglia o la capacità di avere rapporti sessuali fini a se stessi.
Un’altra cosa che sembra non essere nota è che esiste la sindrome da stress post traumatico causata dalla violenza sessuale. Non colpisce tutte le persone che hanno subito violenza, ma è piuttosto comune. Come tutti i problemi di salute mentale va diagnosticata e trattata da un* psichiatra, non si tratta di “farsi forza e andare avanti” o di “non pensarci”, ma di un problema per il quale esiste aiuto.
Tasto dolente e oggetto di mille misconcezioni, il BDSM. No, aver subito violenza non impedisce di praticare e di amare il BDSM. Anche in questo caso vale il discorso dei trigger, è fondamentale una buona comunicazione tra partner, come in ogni altro caso. Anzi, essendo il BDSM basato su consenso e chiare dinamiche tra partner, può essere un ottimo modo per rivendicare e riaffermare la propria sessualità e riprenderne il controllo dopo un evento traumatico.
Esistono persone che hanno subito violenza e che scelgono di fare figli*. Quello che forse non si sa è che gravidanza e parto sono situazioni che possono essere particolarmente triggeranti, motivo per cui è utile parlare della violenza subita a chi segue la gravidanza, in modo che si possano evitare determinati trigger e/o riconoscere reazioni ai trigger stessi, per migliorare la qualità dell’assistenza.
Infine: ogni persona ha i suoi modi e i suoi tempi e non esistono violenze “meno gravi” o “poco serie”. I percorsi e le reazioni delle persone possono essere simili, ma non si deve mai dare per scontato che tutte le persone che hanno subito stupri o violenze sentano le stesse cose o si comportino allo stesso modo.
E voi, cosa aggiungereste?
Barbara McLeod Montani e compagn* di SLUM – l’angolo contro-verso
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