L’illustrazione in copertina arriva da ASA – Anti-Speciesist Action (su Facebook qui e su Instagram qui)
Ciclicamente i media portano alla ribalta l’argomento del veganismo, creandone tuttavia una narrazione distorta. Spesso e volentieri escono fuori articoli che criminalizzano genitori vegani colpevoli di aver fatto ammalare la loro prole a causa dell’alimentazione vegetale e non per il vero motivo, ossia la malnutrizione.
Ad esempio, è di due settimane fa la notizia di cronaca riguardo un bambino che sarebbe stato ricoverato all’ospedale San Francesco di Nuoro per via di una grave denutrizione; tale grave denutrizione sarebbe stata generata (secondo alcune informazioni circolate inizialmente) dal regime alimentare vegano che i genitori avrebbero imposto il bambino. La notizia è stata smentita dagli stessi medici che non hanno ravvisato alcun collegamento tra il regime alimentare del bambino e le sue condizioni, ma, come sempre, a circolare è la fake news e non la smentita.
La smentita, purtroppo, non ottiene mai un’adeguata diffusione mediatica.
Le cose vanno sempre così e di questo sono ben consapevoli coloro che diffondono queste notizie a carattere propagandistico (che si parli veganismo, che si parli di migranti o della condizione della donna).
Il lettore sarà influenzato dalla notizie, e raramente leggerà una smentita, o questa probabilmente gli scivolerà letteralmente addosso. La notizia, oltre ad essere di fatto falsa, è il clone di 1000 notizie simili che a scadenza regolare vengono rilasciate con lo scopo di screditare il veganismo, far passare i vegani per pericolosi irresponsabili estremisti e diffondere disinformazione.
Tuttavia, smontare una notizia del genere non è particolarmente difficile e lo si può fare partendo dall’analisi di una premessa tanto falsa quanto mai messa in discussione: i genitori vegani impongono una dieta a un bambino mentre i genitori onnivori no. Dietro una simile affermazione c’è chiaramente il pregiudizio che vorrebbe la dieta onnivora come la più naturale e salutare per un bambino, mentre la dieta vegana sarebbe “contro natura” – peraltro ricalcando i termini di una contrapposizione repressiva in cui si stigmatizza e bolla come contro natura ogni comportamento che viene riconosciuto come deviante dalla norma.
Ricorrere allo spauracchio della natura in un contesto come il nostro, in cui il cibo viene regolarmente acquistato al supermercato, è quantomeno risibile, ancor più se si guarda alle modalità con cui ciò che viene mangiato viene ottenuto. Se poi con “naturale” si vuole intendere una dieta tradizionale, bisogna tranquillamente ammettere che nulla è più lontano dalla dieta dei nostri nonni quanto la dieta basata su proteine animali di oggi (i nostri nonni, quando andava loro bene, mangiavano carne una volta alla settimana).
Dunque la dieta vegana è la più naturale e adatta all’essere umano?
Anche in questo caso si forza la mano facendo passare per naturale qualcosa che è frutto di millenni di selezione fatta dai coltivatori. Questo genere di riflessioni non coglie il nocciolo della questione: il corpo non fa molto caso all’origine degli alimenti, quanto al giusto bilanciamento dei nutrienti, tutti presenti negli alimenti vegetali, ad eccezione della vitamina B12. Questa sarà necessario integrarla, laddove se ne accerti una carenza, che però non è esclusivamente connessa all’alimentazione vegana, visto che è riscontrabile anche in persone onnivore. La B12 è prodotta in natura da batteri presenti nel terreno e i cibi industriali ne sono carenti a causa dei frequenti lavaggi a cui sono sottoposti gli alimenti; così come i foraggi destinati agli animali da macello sono integrati artificialmente di B12 perché gli animali non vedono neanche da lontano i pascoli da cui ricavarla mangiando l’erba direttamente dal suolo, unico luogo di reperimento della B12 in forma spontanea, come detto sopra.
Questa diatriba inconsistente serve a depistare il dibattito pubblico sulle motivazioni che spingono le persone a diventare vegane o vegetariane, ossia etiche ed ambientali. Etiche perché il nostro sistema si basa sullo sfruttamento del vivente e alla base della catena di sfruttamento industrializzato ci sono nascita, prigionia, tortura e uccisione degli animali perché diventino merci, alimenti. Il sistema capitalistico ha creato maschere di propaganda pro domo sua, ad esempio la cd “carne felice”, al fine di occultare il suo unico intento: generare profitto dall’uccisione di qualcuno. Qualcuno che ha un corpo sensibile in grado di provare dolore e piacere destinato a finire smembrato per soddisfare non una necessità, ma un piacere. Per esaudire la richiesta massiccia e quotidiana di questo piacere, l’industria della carne e dei derivati animali si avvale di un apparato produttivo mastodontico e di relativi spazi su cui far sorgere sia gli allevamenti che le monocolture destinate a cibare gli animali da reddito. Ciò sta contribuendo enormemente al drammatico e costante fenomeno della deforestazione, creando un impatto enorme sulla CO2 presente in atmosfera e generando una delle più grandi e deleterie forme di inquinamento.
Dunque effettuare cicli di assunzione di B12 unatantum in caso di bisogno, esattamente come facciamo con la vitamina C quando prendiamo un raffreddore o qualsiasi altra integrazione necessaria per le difese immunitarie del nostro organismo, è ben poca cosa rispetto all’insostenibilità etica ed ambientale del modello di alimentazione dominante. La strenua difesa del tradizionalismo non è altro che l’ennesimo modo per evitare di confrontarsi con il proprio privilegio – nel caso specifico uno dei più crudeli quanto inutili. Usare un integratore è un “sacrificio” accettabile e fattibile se vogliamo riqualificare l’essere umano come un essere animale tra gli animali.
Il richiamo alla “natura” e’ un metodo retorico per camuffare l’attaccamento ai privilegi e al normativismo, cosa che avviene puntualmente anche nei confronti delle persone non conformi. Perché confondere natura con tradizione e bisogni indotti dall’industria è uno degli errori più stupidi e reazionari che si possano commettere. Lo è quando si contrappone la presunta famiglia “naturale” alle unioni omosessuali, lo è il determinismo biologico che contrappone donne cis a donne trans, lo è il suprematismo specista che si arroga il diritto di compiere stragi quotidiane in nome di una presunta superiorità morale e intellettuale su animali uguali e diversi da noi.
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