Questa è la traduzione di un articolo uscito nel novembre 2018, che trovate qui, di Hess Love. Traduzione delle slummine Maria Alessia Nanna e SB
“Le persone sono così innamorate della mediocrità bianca che pensano che dovrei essere grata di sedermi a un tavolo per cui probabilmente sono troppo qualificata per essere presente.” – JerVae
Di Hess Love
Tutto ciò che sappiamo sulla “obesità” è un indottrinamento del suprematismo bianco, e tutto ciò che viene detto da chi ne è parte integrante è una cazzata. La centralità della whiteness (la bianchezza), in particolare delle donne bianche, nel “Body Positivity Movement” ha recentemente portato l’attrice Rebel Wilson a dire un’emerita menzogna sull’essere la prima donna grassa a recitare in una commedia romantica e poi a bloccare ogni persona nera che abbia cercato di dirle la verità, ovvero che ci sono già state nere plus-size che hanno recitato in commedie romantiche. Come Queen Latifah e Mo’Nique. Ma Rebel ha rincarato la dose.

Le donne bianche grasse come Rebel Wilson non vedono le donne nere grasse come parti importanti del movimento body-positive o per la rappresentazione delle taglie forti perché accostano automaticamente l’essere nera all’essere una “large”. La blackness (l’essere ner*) è un argomento ampio e variegato, ed è qualcosa che le donne bianche vogliono confinare, quindi la riducono a uno spauracchio o la oscurano. Tendono a considerare la blackness qualcosa di bestiale e essere sia grasse che nere non sfida alcuna aspettativa. In qualche strano modo, la nostra grassezza diventa completamente irrilevante perché per loro sono i loro corpi a sfidare le delicate aspettative di una femminilità bianca e occidentale. Per loro, tutto questo è più coraggioso dell’essere grassa e nera. Benvenut* nella politica dell'”occupare spazio”.
Ecco perché chiamano i poliziotti appena vedono dei bambini neri o stringono la borsetta pure se vedono degli uomini neri in una foto incorniciata. Ecco perché non riconoscono che le donne nere plus-size abbiano già fatto qualcosa per cui loro oggi si auto-definiscono coraggiose e pionieristiche. Ci levano spazio per farsi spazio. Il nostro coraggio non conta. Come può contare quando anche le più piccole parti di noi costituiscono una minaccia?

C’è una “visione storica delle donne nere come corpi senza cervello alla base della loro invisibilità” (Thompson, A Hunger So Wide and Deep, 15). Le donne nere sono dipinte come allo stesso tempo enormi e inesistenti, la nostra mole è un enigma demonizzato con un equivoco intenzionale del nostro essere, mirato a diffondere l’idea che ci manchi un certo livello di consapevolezza per capire e liberare lo spazio occupato dalla nostra esistenza. Il nero è grosso, è bestiale, è grasso, è un’esperienza predefinita per noi. Agli occhi delle donne bianche come Rebel Wilson, quel “default” manca di validità sul libro degli atti di coraggio.
Le donne nere e grasse sono stanche che il loro corpo e le loro esperienze vengano usati per spianare la strada, dipingendola con il loro sangue, così che le donne bianche come Rebel Wilson possano camminarci sopra mentre si chiedono se le storie che calpestano contino davvero. Eccerto che contano. Noi donne grasse nere siamo le prime ad essere chiamate “fat bitches” quando osiamo esercitare il nostro diritto di scegliere e il nostro diritto di esistere. Anche quando si è trattato di combattere gli antenati proprietari di schiavi, quegli uomini bianchi che in seguito sarebbero stati chiamati “pionieri della medicina” per aver violato i nostri fisici corpulenti e i nostri organi riproduttivi, le donne bianche fissano i nostri corpi come delle allocche mentre i loro compagni sognavano altri modi per violarci.
La grassofobia è indelebilmente legata alla discriminazione contro la blackness. A noi donne grasse nere vengono assegnati ruoli a cui altre persone danno uno “scopo” per determinare la nostra utilità, mai una validità autonoma. L’archetipo della mami (la balia nera che bada ai figli dei bianchi, ndr) che permea il feticismo sessuale freudiano riguardo ai corpi delle donne nere e grasse è un altro fattore che rende la nostra presenza su un fronte socio-politico più suscettibile a cancellazione e sfruttamento. Forse questa immagine di impressionabilità è il risultato del modo in cui le donne nere grasse hanno dovuto tentare di limitare se stesse per navigare in certi circuiti sociali e sistemici.
“L’unica cosa che riconosco in me stessa è la necessità di ammorbidirmi per il conforto bianco. Sono una donna grassa nerissima e per alcuni bianchi la cosa in sé è minacciosa. Per cui mi prodigo per essere amichevole per non metterli a disagio, perché il disagio dei bianchi noi lo paghiamo col sangue. Il rovescio della medaglia è che alcuni bianchi mi vedono come una “mami”, una mammina. Qualcuno su cui possono scaricare le proprie preoccupazioni e con cui sentirsi fin troppo a proprio agio, perché io esisto solo per placare i loro fragili sentimenti e caricarmeli sulla schiena fino alla terra promessa. ” Brandi Wharton, fondatrice di Magical Fat Black Femmes .
E’ ironico pensare che le Fat Black Women facciano i salti mortali per spiegare la nostra demonizzazione e svalutazione, per poi giusto continuare a essere messe da parte anche all’interno di narrazioni che non solo ci coinvolgono, ma ci prendono come origine catalizzatrice. La grandezza dei nostri corpi che diventa marginale e disumanizzante è inequivocabilmente connessa con la blackness, esattamente il motivo per cui gli africani indigeni, sia nel continente che nel commercio di schiavi a livello internazionale, sono stati trafficati perché più grossi, più brutali, più primitivi, ergo più capaci di caricarsi di quell’enorme carico di lavoro così redditizio nelle manifestazioni più pure e globali del capitalismo.
Nel mondo occidentale, gli atteggiamenti nei confronti della grossezza fisica sono sempre stati reattivi alla blackness. Più ci assimilavamo, più assorbivamo l’idea che il grasso fosse qualcosa di separato da noi stessi, dalla nostra società e dalla comprensione che noi stessi avevamo dei nostri corpi. Ora che vediamo più bianchi grassi, allo stesso modo in cui vediamo più tossicodipendenti bianchi, spingiamo per cambiare il trattamento sociale che viene riservato alle persone grasse, senza però prenderci il tempo necessario per decostruire il problema alla radice: l’imperialismo e il capitalismo che collidono complici e strumenti della whiteness. La poca attenzione per la causa principale è ciò che spinge le donne bianche grasse di comprensione superficiale (come Rebel Wilson e Tess Holliday) alla ribalta di un movimento di body positivity che si è trasformato in una difesa degli ideali bianchi. Il candore della loro pelle attenua il timore di lodare i corpi grassi del pubblico.
Il grasso è visto come un difetto della personalità, alla stregua di una dipendenza; qualcosa che deve cambiare. È paragonato all’abuso di droghe, solo che qui la sostanza aborrita è il cibo. Esistono, naturalmente, parallelismi tra il modo in cui le persone usano il cibo e il modo in cui usano le droghe, come metodi di automedicazione. C’è anche un parallelismo nel modo in cui scegliamo le persone qualificate a parlare di queste esperienze, che raramente sono tra coloro che hanno subito le conseguenze del fenomeno o, se lo sono, cercano comunque di dare risalto a portavoce che abbiano ormai superato questa oppressione, ad esempio persone grasse che hanno perso peso.
Ci sono state e, anche se è meno noto, ci sono ancora in alcune parti del mondo, delle culture, in cui il grasso non era visto come una buona ragione per l’ostracismo, ma come un motivo per celebrare e simboleggiare il meglio che gli umani hanno da offrire: l’abbondanza. In forte opposizione al modo in cui le forme occidentali di capitalismo etichettano il grasso come un fallimento, nelle economie pre-imperialiste, l’abbondanza era ancora apprezzata e essere di grandi dimensioni (soprattutto le donne) era il manifesto di confortevole e invidiabile disponibilità finanziaria.
Ai tempi pre-abrahamici/pre-coloniali in Africa, e persino nelle credenze europee pagane, il grasso corporeo era visto come un simbolo di fertilità, bellezza e ricchezza. Significava abbondanza, gioia di vivere, capacità di crescita e sopravvivenza. Le crociate del cristianesimo sono state uno strumento dell’insidioso costrutto sociale della centralità e del valore della bianchezza e hanno sostituito le credenze indigene globali e un certo tipo di accettazione del corpo al loro interno, collegando invece i nostri corpi e le loro abilità al peccato.

“Le immagini e le figure di divinità più antiche conosciute nel mondo che venerava le madri, erano di donne grasse, nere e con capelli intrecciati. Lo sappiamo. E non sto parlando di un po’ di grasso. Sto parlando di grosse tette, grasso sulla pancia, sulle cosce! Tutto solo un tocco e un abbraccio su se stesso … IN AGGIUNTA AL CULO (che è sempre così oggettivato e isolato nell’attuale concetto di bellezza culturalmente accettato). Il culo grosso è sexy, ma se ANCHE la schiena o le cosce che sostengono quel Culo sono grosse, allora tutta la sensualità se ne va a quel paese? Date retta a me bellezze, tutto questo è elitario europeo meschino, sterile, chirurgico, separatista. ”Daizy October Latifah, The Afro Mystic , Black Belt Hoodoo Practitioner
La grassezza come una perdita della grazia e un allontanamento da una vita ben vissuta è tanto un’accusa nelle religioni abramitiche (vale a dire il cristianesimo) quanto nel capitalismo. Soprattutto da quando il cristianesimo è stato usato come uno dei quattro cavalieri dell’anti-blackness. La deviazione dalla credenza indigena, che è sempre stata più umana e progressiva dell’uso che i bianchi hanno fatto del cristianesimo, era uno strumento specifico pensato per creare disconnessione sociale dal grasso corpo nero. Così insidioso da invadere persino la psiche di molti neri, alcuni che credono che siamo sempre stati “più grandi”, ma “non così grandi”. Il fatto di non realizzare che siamo sempre stati “così grandi” e che queste sono solo le loro opinioni sulla nostra grandezza all’interno della comunità nera è semplicemente un sintomo dell’anti-blackness interiorizzata.

“‘I nostri antenati non erano obesi …’ questa antenata dice il contrario. Ho trovato questa foto scattata da Napoleone Bonaparte ed è della fine del 1800. Fanculo il fotografo e tutta la gratitudine e l’amore per questa madre ancestrale. [Magical Fat Black Femmes] Le fantastiche donne nere grasse sono sempre state qui e lo saremo sempre. ” Courtney Alexander, creatrice del mazzo di tarocchi Dust II Onyx
L’idea di corpi grassi e immobili che sono un peso per la società e che devono essere sradicati è simultanea e coincide con l’idea che i corpi neri siano un peso e debbano essere sradicati. Dal momento che non possono liberare il mondo dai grandi corpi, cercheranno di colonizzare la nostra comprensione di quei corpi e di continuare a spingere la blackness in un abisso infinito. Ma nonostante i loro tentativi revisionisti, la fatness nera è sempre stata qui ed è qui per rimanere.
Esistono ancora alcune usanze che lodano il grasso. Nel popolo Efik, insieme ad alcune altre etnie nigeriane, l’ingrasso è spesso un’usanza pre-matrimoniale a cui le ragazze si sottopongono per migliorare il loro fascino come spose. Durante l’ingrasso le ragazze sono nutrite con cibi ricchi di grassi e sono incoraggiate a vivere una vita più sedentaria rispetto a prima. L’ “ingrasso” è visto come qualcosa che prepara la zona pelvica per un possibile parto e che al tempo stesso fa sì che le ragazze diventate donne emanino un senso di benessere sociale, il benessere di qualcuno che è ben curato e benestante.
“ Tra il popolo Ibibio e gli Efik dello stato di Cross River, è obbligatorio ingrassare una ragazza, non importa quanto breve possa essere il periodo di isolamento. Si dice che non importa quanto affascinante, seducente e bella possa apparire una ragazza o quanto ricchi e benestanti possano essere i suoi genitori, nessun figlio idoneo al matrimonio della terra di Ibibio osa sposare una ragazza che non è ingrassata. È sempre motivo di orgoglio per una ragazza ingrassare nella terra di Ibibio prima del matrimonio in modo che possa adattarsi bene tra le altre donne ingrassate come mogli … Le donne tra di loro parlano delle loro esperienze di vita sull’isolamento da ingrasso. Una donna non ingrassata sarebbe motivo di scherno e rimprovero tra parenti e amici del marito. “
Questa tradizione dell’ingrasso, un’usanza portata avanti dai tempi pre-coloniali, sostiene il grasso come un attributo fisico che non è ostracizzato, ma celebrato e atteso, un rito di inclusione.
I nostri attuali standard su chi merita visibilità si discostano da quel residuo di inclusione corporea.
Le persone più magre, più minute, più bianche e più allineate agli standard di bellezza convenzionali imperialisti tendono a mancare completamente, o non spendere abbastanza tempo a spiegare il fatto, che tutto ciò che sappiamo sui nostri corpi è centrato sulla bianwhiteness. Siamo considerati non qualificati per interpretare non solo le nostre esperienze esclusive come persone grasse, ma anche le esperienze che condividiamo con gli altri. In diversi raduni, marce, panel, ecc., riguardo al femminismo, la blackness, i temi LGBTQ +, alla povertà, le persone grasse vengono prese meno sul serio quando parlano di certe problematiche.
Proprio come la nostra società non si fida delle persone grasse, non si fida delle persone nere quando prendono parola sulla propria emarginazione come fenomeno all’interno della ragione e della logica. La cartina tornasole per cui viene misurato l’empirismo è bianca. Donne come Rebel Wilson si aspettano che le guardi sullo schermo e penserò che io, una donna grassa e nera, pensi di dover essere grata che una donna bianca e grassa abbia “coraggiosamente conquistato” territori che mia nonna e le sue madri hanno già conquistato per me e per loro.
Con i contributi di Sherronda J. Brown
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