Fascisti di bronzo e dove trovarli – SLUM

“Se il mondo che vogliamo tarda ad arrivare, lo cambieremo” hanno scritto l* studenti che hanno imbrattato la statua di Indro Montanelli. Guardando in faccia i polemici che “l’Arte non si tocca”, “il Maestro però”, ci chiediamo: avete capito davvero il perché? Ve lo spieghiamo subito.
Un articolo di Margherita D’Arnaldo.


Alla richiesta di rimuovere la statua di Indro Montanelli, stupratore coloniale, il sindaco di Milano Beppe Sala risponde così:

“Penso che in tutte le nostre vite ci siano degli errori. E quello di Montanelli lo è stato. Ma Milano riconosce le sue qualità, che sono indiscutibili”.

Ho pensato molto a come commenterei. Mentre ero lì che ribollivo pensando a come commenterei a Beppe questo suo commento se avessi l’occasione di avercelo una mezz’oretta da solo nella stessa stanza, la Rete degli Studenti Milanesi e il LUME [♥] hanno deciso di rispondergli a fatti, anziché a parole, e mi sono commossa. Grazie, compagn*, non sorridevo così per un’azione politica da un sacco di tempo.

Per la precisione da quando la studentessa liceale ero io, una ventina (argh) di anni fa. Quando ho partecipato (più da spettatrice entusiasta che da protagonista, devo ammettere) a un’altra battaglia contro un altro fascista di bronzo, un ricordo che continua a tornarmi alla mente in questi tempi di ‘nessuno tocchi le statue’, e che credo valga la pena raccontare.

Non stupirà nessun* sapere che il liceo classico che ho scelto a mio tempo di frequentare, il ‘Michelangiolo’, era la meta privilegiata di un po’ tutti i rampolli dell’intellighenzia fiorentina di sinistra. Il suo collettivo era alla ‘testa’ del movimento cittadino degli studenti medi, le occupazioni partivano quando partiva il Miche, e io stavo sulle balle a tutti e tutte ma non mi perdevo una riunione, sono stata rappresentante di istituto per un paio d’anni, di classe tutto il quinquennio, quella roba lì. Formazione politica standard per quell* della mia classe, della mia generazione.

Per ironia o cazzimma della sorte, il preside era un fascista. E non un fascista per metonimia, no no, uno orgogliosamente e dichiaratamente tale – quando in un’occupazione finì forzata la porta del suo studio furono rivenuti busti e calendari del DVCE manco troppo nascosti.

Un paio d’anni prima della mia iscrizione, il preside fascista aveva scovato, in una soffitta o in uno scantinato della scuola, il busto di bronzo di un tal Luigi Michelazzi, che calcò le aule del nostro stesso prestigioso istituto, partì volontario per la campagna di conquista dell’Etiopia, e finì a morì ammazzato sull’altopiano dell’Ogaden [eroicamente suggellò l’olocausto della sua giovinezza o qualcosa del genere, recitava la targa].

E aveva deciso quindi di piazzarlo nel chiostro dove affacciava l’ingresso, cosicché tutti gli studenti e le studentesse dovessero per forza o quasi passarci davanti nell’entrare e nell’uscire da scuola. Ogni giorno dell’anno scolastico.

Il busto resistette tranquillo un paio d’anni. Dopodiché, il Michelazzi di bronzo diventò il prevedibile oggetto della furia iconoclasta degli studenti.

Gli abbiamo dipinto i capelli di verde (non lavabile). Gli abbiamo dipinto sopra la faccia un ghigno rosso da Joker. Chi era dotato dei genitali adatti lo ha usato come orinatoio prediletto a ogni okkupazione. Gli sono state dedicate canzoni punk e sonetti sconci sul giorneletto autoprodotto dal collettivo (con quel cognome, poi.. era vincere facile).

Ogni volta, il preside sbroccava e lanciava anatemi; credo a un certo punto fece una denuncia che nessuno prese sul serio, e ogni volta vederlo starnazzare era un vero spasso.

“Pimpa colora Montanelli”, copertina satiricamente rivista da Polpo Di Stato

Al mio quarto o quinto anno il Michelazzi finì picconato via e seppellito in una tomba non segnata di cui non ho mai avuto le coordinate. E un po’ mi dispiacque, un po’ perché non ero stata invitata all’azione sovversiva finale, e poi perché in fondo con la sepoltura era finito il giochino.

Ma ecco, la racconto perché forse in questa versione microstorica ambientata in un liceo fiorentino a cavallo del cambio millennio diventa più facile capire che l’oggetto del contendere non era certo il valore artistico di quel busto di bronzo o la storia personale del povero stronXo raffigurato.

Certo no. Il preside fascista non l’aveva certo messo lì per decorazione – faccio notare che esattamente sul lato opposto del corridoio c’era una finestra che, aperta, affacciava su un affresco del Perugino. Ma il preside preferiva avere quella finestra chiusa, e il Michelazzi in bella vista.

No, non era senso artistico, né stima particolare del fascistello morto ammazzato: il preside l’aveva messo lì per dimostrare che liceo dell’intellighenzia di sinistra o meno il Padrone era lui, e poteva fare quello che gli pareva, incluso dire no al Perugino e sì al Michelazzi.

E noi quel busto l’abbiamo prima sbeffeggiato e poi preso a picconate né per sfregio all’arte né in fondo per il Michelazzi in sé, ma per dire chiaro e tondo al preside che il simbolo del suo micropotere di merda poteva portarselo via e metterselo nel posto privato che riteneva più opportuno.

Sicché spero che sia più chiaro: le nostre secchiate rosa e rosse di disprezzo, le nostre picconate (per ora) immaginarie, non sono tanto per quella faccia di merda di Montanelli, che è morto e non può più far male a nessuno né con la penna né con altre sue propaggini, ma per le facce di merda vive che infestano la nostra vita QUI e ORA.

Sono per gli estimatori di ‘animaletti docili’ di OGGI, gli ottantamila italiani l’anno che rendono il nostro paese il primo al mondo per ‘fruitori’ di turismo sessuale minorile. Degni eredi del ‘più grande giornalista italiano’.

Sono per i due milioni di utenti combinati iscritti OGGI alle varie piattaforme di Telegram dove ci si scambia materiale pornografico non consensuale, pedopornografia, e consigli su come stuprare ragazzine senza farle piangere.

Sono per gli innumerevoli, tanti, troppi che sto leggendo in questi giorni, che pensano che svuotarsi le palle dentro una donna o una ragazzina priva di sensi, piangente o ‘del tutto insensibile’ non sia stupro, tanto più se la donna o la ragazzina non sono europee.

Sono per gli innumerevoli che OGGI dopo averlo pensato lo fanno.

Sono per tutta la brava gente che queste cose magari non le fa, ma si gira dall’altra parte quando succede, perché ‘la violenza sulle donne è altro’, ‘lo stupro è altro’ (e se quello di Montanelli non è stupro non si capisce cosa lo sia per voi, sarà mica che ‘altro’ è solo il nero che stupra una bianca, ve’?), soprattutto se poi a commetterla è un Grande Maestro, un Grande Artista, un Grande Intellettuale, un Grande Campione, un Grande Salcazzo, perché allora non può essere così grave, è un ‘errore’ che però non inficia le sue ‘qualità indiscutibili’, ma solo se il Maestro ammette, eh, se nega allora non è mai successo, perché un Maestro queste cose non le fa, e quindi dev’essere per forza il Gomblotto Nazifemminista Razzistinverso che sta cercando di infangare la memoria e la reputazione d’un uomo d’onore.

Le nostre secchiate rosa e rosse di disprezzo, le nostre picconate (per ora) immaginarie, sono per Sala, Mentana, Travaglio, Scanzi, Servegnini, Fontana, Albertini, Lerner, De Bortoli, Cottarelli, Sallusti, Levi, Polito, Messina, Ferrara, Cerasa, Battista, Feltri, Testa, Telese, e per tutti voi grandi e piccoli che la pensate allo stesso modo, che continuate a pararvi le chiappe a vicenda, che quando le femministe che cantano ‘lo stupratore sei tu’ puntando il dito indiscriminato rispondete che ‘non tutti gli uomini’, ma quando facciamo nomi e cognomi allora certi ‘errori’ ‘li facciamo tutti’.

Tutti chi, Beppe & Co?

No, ‘errori’ così non li facciamo tutti. Quegli ‘errori’ si chiamano stupro di minore, partecipazione entusiasta a un’invasione imperialista, negazionismo rispetto all’uso di armi chimiche, apologia del suprematismo bianco, violenza razzista, antimeridionalismo, e sono certa me ne sia sfuggito qualcuno.

No, questa merda non la ‘facciamo tutti’, c’è chi la fa e chi la subisce, e tuttƏ noi che non la facciamo ma la subiamo continueremo a tirarvi in faccia le nostre secchiate rosa e rosse di disprezzo, le nostre picconate (per ora) immaginarie, finché non la pianterete di piagnucolare sulle statue e andrete a prendere gli amici vostri, e i maestri vostri, per dirgli che fanno cagare e la devono abbozzare. Ora, no domani.

E santiddio se vi interessa tanto l’arte preoccupatevi del nostro patrimonio artistico che casca a pezzi o prende polvere nei magazzini perché non ci sono i fondi per tutelarlo, invece di indignarvi perché pigliamo a secchiate una statua brutta del 2006.

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