Ringraziamo I’m queer any problem? per aver invitato unə di noi a pronunciare il nostro discorso per la manifestazione senza istituzioni percorsa per l’IDAHOT il 17 maggio.
Il video è qui.
Avvertenze: nel discorso ci saranno menzione di colonialismo, abusi spirituali, cancellazione, menzione di violenze, islamofobia
Userò nel parlato il femminile inclusivo.
Bismillahi ar-Rahmani ar-Rahim.
Mi chiamo Sveva Basirah, sono un’attivista neurodivergente transfemminista, una femminista islamica, ho fondato il progetto di femminismo islamico e femminismo intersezionale Sono l’unica mia. e la relativa rete di auto mutuo aiuto e antiviolenza dal basso SLUM. Proprio quest’anno lə miə compagnə ed io abbiamo aperto la prima moschea antiautoritaria, decoloniale, femminista, queer in Italia, la Moschea Al-Kawtar.
Sono queer. Pansessuale – con una fatale attrazione romantica per gli uomini, porca miseria. Bigender e genderqueer, un po’ mommy e un po’ daddy. Nello spettro asessuale, mi sento zoccola dentro ma di fatto son zoccola frigida. E sono musulmano.
«Eh ma l’Islam e l’identità queer o la queerness politica sono in contraddizione».
Non starò oggi a parlare di teologia di liberazione, di femminismo islamico e queer nel dettaglio. Ma ci sarebbe da aprire una bella parentesi su come più religioni e forme di spiritualità, tra monoteismi e politeismi, siano state deformate dal patriarcato affinché storie di stupri (come la storia di Sodoma) passassero come condanne all’omosessualità – cosicché che nessun uomo eterocis dovesse fare i conti con la cultura dello stupro. Parlerei volentieri di abuso spirituale e liberazione teologica, eppure oggi vorrei parlare, invece, di invisibilizzazione – per cominciare.
La spocchia di presumere che le persone musulmane LGBT+ non esistano e non siano mai esistite è tutta white (politicamente bianca) – o addirittura che l’Islam preveda “per statuto” di buttare chi è queer dai tetti. Si parla continuamente di “incompatibilità”. E solo recentemente, post-colonizzazione, anche la comunità musulmana è andata in totale negazione delle nostre identità fluide e della storia delle nostre comunità.
Noi LGBT+ religiosə siamo sempre esistitə a prescindere dal pensiero teologico del nostro tempo o del nostro contesto. Noi frociə musulman3 abbiamo abitato ogni spazio facendo ogni tipo di lavoro, contribuendo alle nostre società, portando arte, bellezza e scienze nel panorama mondiale, esprimendoci nell’arte erotica persino, crescendo figliə – e talvolta, siamo esistitə semplicemente come chiunque altrə, facendo anche cagare a tratti come esseri umani, come chiunque altro.
Come in ogni civiltà patriarcale del mondo siamo statə spesso rimpicciolitə e marginalizzatə in qualche modo, e come accennavo a questo dobbiamo un grazie anche alla colonizzazione europea, alle conversioni forzate da parte del cattolicesimo bianco e all’omolesbobitransfobia importata nei paesi a maggioranza musulmana o forzata sulle persone immigrate o convertite. La studiosa Kecia Ali riporta, ad esempio, che già la propaganda cristiana ai tempi delle crociate ci dipingeva come depravati e frociə promiscue – e il bello è che non avevano tutti i torti – stigmatizzandoci e tracciando un confine tra noi e loro, puri e impuri.
“Noi e loro”. Ecco l’effetto della democrazia e del razionalismo nativi sulle persone musulmane nel mondo.
Le persone hijra, trans e/o intersessuali in Asia Meridionale (Bangladesh, India, Pakistan, paesi con componenti musulmane rilevanti), nella storia sono sempre state venerate, prese a leader spirituali, ed oggi sono perseguitate dalle persone musulmane che hanno interiorizzato la queerfobia e il concetto di peccato del colono; la popolazione del Sulawesi, isola indonesiana, credeva tradizionalmente nell’esistenza di 5 generi ma oggi la società indonesiana, reduce di mille invasioni, sostiene che le questioni LGBT+ siano tutte occidentali e essere queer è criminalizzato; i turchi ottomani hanno legalizzato gli atti omosessuali nel 1858 e l’arte erotica è piena letteralmente di scene erotiche gay, persino orge gay, ed oggi i Pride vengono soppressi dalla violenza della polizia a colpi di idrante.
Nel testo erotico arabo Jawami` al-Ladhdha (X-XI secolo) si parla diffusamente di omosessualità (sia maschile che femminile). In una poesia una lesbica tenta di convincere (vanamente) una donna sposata della superiorità del lesbismo.
“Una lesbica disse a una donna che preferiva gli uomini:
Sei stata degradata, quello che fai è peggio di quello che faccio io.
Hai lasciato una via che Dio ha reso sicura dalle difficoltà,
come un sandalo ne copre facilmente un altro.
Sei desiderosa di relazioni con gli uomini anche se altri soggetti sono più devoti e più degni di amore e di relazioni.
Non sai che con il lesbismo evitiamo il tuo pianto della notte del parto?
[…]
Noi siamo donne felici, create per il benessere mentre voi siete sfortunate, create per l’umiliazione.”
Ringrazio Niccolò Bonetti per averne diffuso la traduzione italiana sui social.
(P. Myrne, Female Sexuality in the Early Medieval Islamic World: Gender and Sex in Arabic Literature 2020 pp. 152-153)
Ma vedete, la nostra società musulmana è nata queer. L’Islam attesta sin dalla sua nascita l’esistenza dei mukhannathun, di solito termine per coloro senza attrazione per le donne, ma questa parola indica spesso in modo più ampio un’identità queer. Il Profeta conosceva e proteggeva i mukhannathun. All’epoca erano ben conosciuti, spesso come artisti, e si trattava purtroppo sia di schiavi che di persone libere. L’Islam stesso nasce eccentrico rispetto al contesto di 1400 anni fa in Arabia Saudita, è un Islam di sovversione dei paradigmi misogini e classisti dell’epoca, coltiva in sé quella che il primo femminista tunisino, l’imam T. Al Haddad, teorizzava come etica progressiva, ovvero un’etica intrinseca che responsabilizza le persone musulmane rispetto al cambiamento a favore dei diritti umani e civili.
E cosa succede oggi in Occidente? Succede che i musulmani, di qualsiasi origine, sono considerati una razza malata, di bestie, di donnette sottomesse e lascive negli harem, e soprattutto i veri maltrattatori delle persone LGBT. Veniamo appiattiti e gettati in pasto alle propagande, di destra e sinistra, orientaliste, colonialiste, islamofobe. Il messaggio che passa è che in Occidente le persone LGBT stiano benone e che il cattolicesimo omofobo lo possano anche sopportare. Se in Afghanistan i nostri fratelli se la passano male, qui le terapie di conversione son bazzecole.
E noi musulmane saffiche? Lesbiche? Finocchie? Trans? Non binarie? Intersex? Asex? Poliamorose? Siamo nei nostri armadi, perlopiù. Cancellate, anche qui nel progressistissimo occidente, persino negli ambienti femministi e lgbt+, che ci ritengono colpevoli e responsabili di portare avanti una fede che anche loro dipingono come omofoba, come un qualsiasi nostro imam bigotto o un suprematista bianco. Come se non dovessimo nascere, come se appena nate fossimo teletrasportate in Iran per prenderci qualche frustata a andar bene. E se decidiamo di esistere e fare coming out? Pungiball per chi ha deciso le religioni siano l’oppio dei popoli, per quel patriarcato intellettuale e accademico, industriale e capitalista che non ha tempo per le cazzate, per la spiritualità, ché la spiritualità è da donnicciole da focolare e da invasati; nemico oppure token, feticcio, per il patriarcato storicamente cattolico e suprematista, per i savior che vogliono evangelizzarci perché poverine le donne e le froce, sono così stupide da essere musulmane figurati se si liberano dalle loro oppressioni da sole. E se vogliamo far valere i nostri diritti? Parlare di diritti umani e civili? Beh ok, ma sii musulmana a casa tua che’ non è compatibile il diritto umano con la tua religione. Vuoi fare il finocchio? Bene, abbandona l’Islam, rinnega le tue origini: e comunque, come testimonia la storia, sarai sempre percepito come musulmano: sin dalle conversioni forzate in Spagna nel tardo medioevo, 1200, quando facevano convertire gli arabi musulmani al cristianesimo e poi li espellevano comunque (i moriscos), fino alla Francia odierna con le leggi e le tentate leggi, la propaganda inoltre, anti-velo, anti-Islam, anti-musulman3, tutta
quella roba orrenda che si maschera di laicismo nelle scuole dei ghetti per immigrat3, nelle balieu, e in TV che insegna all3 musulmanə a corrispondere meglio al paradigma bianco ma precludendo loro una vita dignitosa e considerazione umana, perché tanto sei musulmano comunque, anche se ti sbianchi e abbandoni l’Islam.
È un trauma continuo.
Noi però siamo qui, siamo sempre state qui, e stiamo riprendendo coscienza del fatto che l’Islam (questo filo che nolenti o volenti ci lega) non è nato marcio per noi, stiamo capendo attraverso la nostra esperienza di vita e la teologia femminista che non siamo cretinə, peccatricə e disgraziatə. Abbiamo bell’e capito quali sono le dinamiche che ci hanno messo all’angolo di ogni stanza. Abbiamo capito che la nostra queerness politica è fatta di tutta la nostra divergenza, l’identità LGBT e la nostra fede. Abbiamo capito che l’Islam, per quanto detto e per molto altro, incarna la nostra queerness politica e abbiamo capito che ogni corpo religioso, ogni Islam incarnato dai nostri corpi, ha diritto di esistere nel rispetto di tutti. Abbiamo capito sia gli abusi spirituali delle nostre comunità di fedeli, sia quelli del colono. Ci siamo rotte la cazza di questi fascismi.
La storia della compatibilità della nostra esistenza con la nostra religione, con le nostre comunità, con la democrazia e i veri valori l’Occidente può ficcarsela su per il culo. Della nostra identità ne occupiamo da solə, grazie!
Decostruiamo, anche in Italia, tutte le illusioni che schiacciano le persone musulmane queer e marginalizzate. Vogliamo voce e spazio. E se non le avremo, saremo riottosə e rivoltosə come a Stonewall, a costo di farci dire che siamo proprio le bestie che ci dicono di essere da sempre in quanto musulmanə. Non importa: non ci caschiamo più!
Queer Muslims Riot!
Le foto per cui ringraziamo le fotografrociə di I’m queer any problem? sono nella pagina di quest’ultima e sul linktree! L’immagine di questo articolo è di Mara Robustelli (@mara_robustelli_ph)
Verità, sopratutto storica, nuda e pura. Che andrebbe insegnata in tanti istituti e accademie. L ‘Orientalismo Saidiano, purtroppo, sembra dominare ancora, nel mondo del 21 secolo.
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