L’Islam e la donna in Tunisia, ieri ed oggi – (ultima parte: la Rivoluzione del 2011) – SLUM

La Tunisia è un paese considerato in anticipo rispetto alla maggior parte dei paesi arabi a proposito dei diritti delle donne. Questa è la seconda parte del nostro ciclo di articoli scritti dalla brillante insegnante e sorella Iman Hajji!

Non dimenticare di leggere il primo su al-Tahir al-Haddad e il secondo su Bourguiba!
Grazie a Iman!

Le donne tunisine hanno svolto un ruolo importante nella rivoluzione tunisina del 2011 e hanno preso parte alla protesta come partecipanti e come leader. Erano e sono rimaste presenti in tutti i tipi di lotte sociali e politiche che la Tunisia ha dovuto affrontare da quando Ben Ali ha lasciato il paese.

Ma nel periodo post-rivoluzione, la Tunisia, l’Islam e le opinioni islamiste sono diventati parte della discussione sui diritti delle donne, poiché la libertà religiosa è stata particolarmente limitata sotto Ben Ali. Del resto, il diritto delle donne al velo, ad esempio, è diventato parte del discorso sui diritti umani. La libertà delle donne significa che una donna dovrebbe essere libera di scegliere il suo modo di vestirsi. A tal proposito, le donne membri del partito islamista Ennahdha si considerano combattenti per la libertà e donne moderne. Ennahdha, infatti, era il più grande partito coinvolto nell’assemblea costituente e quindi ha fornito il numero più importante di rappresentanti femminili. Peraltro in questo processo costituente uno dei primissimi progetti di disposizioni proposti da Ennahdha affermava che uomini e donne avevano “ruoli complementari”. L’articolo che sottolineava l’uguaglianza tra uomini e donne avrebbe dovuto essere quindi cambiato in modo che uomini e donne diventassero “un complemento” l’uno per l’altro.

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Sostenitori/trici/* del partito islamista Ennahda durante una manifestazione a Tunisi, in Tunisia, il 16 febbraio 2013 (foto di Amine Landouls).

Questa proposta ha sollevato massicce proteste sostenute in larga misura dalla società civile e in particolare dalle donne, ma sembra importante sottolineare che sono state anche le donne, in particolare le deputate di Ennahdha, a sostenere questa clausola di complementarità nell’assemblea.

Comunque, la società civile è divenuta più vigile che mai ed ha esercitato forti pressioni, insieme all’opposizione di sinistra, in modo che questa bozza di proposta fosse abbandonata. Alla fine, il governo si dimise e venne sostituito da un governo tecnico. L’assemblea costituzionale ha concluso la stesura della costituzione, che è stata adottata il 26 gennaio 2014 e che stabilisce che “lo Stato si impegna a proteggere i diritti maturati dalle donne e ad adoperarsi per rafforzare e sviluppare tali diritti”.
Lo Stato garantisce l’uguaglianza di opportunità tra donne e uomini per avere accesso a tutti i livelli di responsabilità in ogni campo. Lo stato lavora per raggiungere la parità tra donne e uomini nelle assemblee elettive. Lo Stato adotterà tutte le misure necessarie per sradicare la violenza contro le donne (articolo 46). 
Questo articolo significa non solo una continuità dello status quo, ma un rinforzo.

Nonostante questi risultati nel campo dei diritti delle donne, la violenza contro le donne è rimasta un grave problema in Tunisia. Il 26 luglio 2017 è stata approvata una nuova legge per combattere la violenza contro le donne, adottando un’ampia definizione di violenza, che include violenza fisica, economica, sessuale, politica e psicologica. Secondo questa nuova legge:

  • Agli uomini che fanno sesso con ragazze minorenni o che violano una ragazza o una donna non sarà più permesso di sfuggire al processo sposando le loro vittime –  fino a quel momento possibile come una sorta di scappatoia
  • La discriminazione sul luogo di lavoro e la retribuzione sono ora punibili
  • Le molestie sessuali sono ora un reato punibile con due anni di carcere e una multa di 5000 dinari tunisini
  • Lo stupro coniugale è stato criminalizzato: ora viene trattato come uno stupro senza spazio ad alcuna ambiguità.

Due mesi dopo, nel settembre 2017, è stato tolto anche il divieto alle donne musulmane di sposare non musulmani, sostenendo che questa pratica esistente viola la nuova costituzione tunisina. In effetti, un uomo non musulmano che desiderava sposare una donna tunisina musulmana doveva convertirsi all’Islam e presentare un certificato della sua conversione, mentre un uomo tunisino musulmano aveva il permesso di sposare una donna non musulmana.
Il presidente tunisino BCE, che aveva chiesto l’abolizione di questo divieto da parte del governo, creò anche una commissione, guidata da un’avvocata e attivista per i diritti, per esaminare la possibilità di un’eredità equa dato che le figlie hanno ancora diritto alla metà dell’eredità che viene data ai figli, a meno che i genitori non ordinino un’eredità particolare nella loro volontà.

Tuttavia, i principali imam e teologi del paese hanno rilasciato una dichiarazione che denuncia le proposte del presidente come una “flagrante violazione dei precetti dell’Islam”. Di recente, nel luglio 2018, il COLIBE ha pubblicato la sua relazione in cui ha presentato una serie di raccomandazioni sulla riforma della legge, in materia di diritti e libertà individuali e uguaglianza, compresa l’uguaglianza di genere e in relazione all’eredità. La pubblicazione del rapporto ha provocato un dibattito pubblico in Tunisia e l’eguale eredità rivendicata dal COLIBE è stata respinta non solo dal partito islamista Ennahdha, ma non è nemmeno supportata dall’UGTT, il sindacato più importante della Tunisia e tra i principali attori politici. L’assemblea nazionale deve ora decidere se accettare o meno le proposte del COLIBE, compresa la proposta di modifica della legge sulla successione. La Tunisia diventerà il primo paese arabo con la stessa legge sulle successioni?

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Come abbiamo visto, fino alla promulgazione del Codice di stato personale, erano, infatti, gli uomini che liberarono le donne tunisine e che imposero il codice. Non c’è stato un movimento femminista che chiedesse i cambiamenti introdotti dal codice. Ad ogni modo, sono le donne a vigilare sul loro status e a rivendicare ulteriori diritti. Leila Toubal, drammaturga tunisina, attrice e attivista, ha sottolineato che le donne non hanno mai avuto tanta paura per i loro diritti e se stesse in Tunisia come durante il governo di transizione islamista dopo la rivoluzione. Le donne avevano capito che dovevano alzarsi e stare in piedi per i loro diritti e così hanno conquistato le strade e le hanno trasformate nel loro campo di battaglia. Le elezioni presidenziali del 2014 hanno anche rivelato che le donne tunisine sono diventate un’importante influenza politica; le statistiche sottolineano che il 61% delle donne ha votato per il presidente tunisino BCE, in opposizione al candidato favorito dall’islamista Moncef Marzouki. (Le donne ricevettero il diritto di voto da parte di Bourguiba nel 1957)

Ed ancora: metà delle donne tunisine stimano di essere stata vittima di violenza; quasi tutte affermano che la violenza fa parte della loro vita. Sembra che la violenza sia diventata la norma e che ci sia davvero una grande spaccatura tra le leggi votate e la realtà: le donne hanno paura della loro famiglia, del padre, del marito, del fratello e persino del figlio quando è adulto. Sembra che la supremazia maschile sia ben radicata nella società tunisina e ci vorrà sicuramente un po ‘per cambiare la mentalità locale. In tal senso, una volta Bourguiba dichiarò: “Nel compito di cambiare la mentalità delle persone, abbiamo difficoltà non solo con gli uomini ma anche con le donne stesse, che si aggrappano a questo stato di servilismo, decadenza e schiavitù come se lo considerassero il loro stato normale”.
Concludendo, possiamo ammettere che le donne tunisine hanno fatto molta strada e hanno ancora molta strada da fare …

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Nel 2009 Iman Hajji si è laureata all’Università di Colonia con un eccellente Master in Studi islamici, Etnologia e Diritto pubblico. Ha ricoperto vari assistentati di ricerca e docenze presso l’Istituto Orientale dell’Università di Colonia e l’Università di Lione. Nel 2009, ha pubblicato il suo libro “Ein Mann spricht für die Frauen. At-Tāhir al-Haddād und seine Schrift “Die tunesische Frau in Gesetz und Gesellschaft”, traducibile in italiano con “Un uomo che parla per le donne. At-Tāhir al-Haddād e la sua opera “La donna tunisina nel diritto e in società””, (Klaus Schwarz Verlag/Berlino), che tratta della vita e del lavoro del pensatore riformista tunisino al-Haddād e delle sue interpretazioni femministe dell’Islam. Nel 2015 Hajji ha ricoperto il ruolo di funzionaria statale e attualmente lavora come insegnante di tedesco ne il Collegio di Meyzieu (Lione).

Recentemente, Hajji ha scritto e presentato la sua tesi di dottorato di ricerca all’Università di Lione in linguistica, letteratura e civiltà araba su “Prima guerra mondiale, pan-islamismo e nazionalismo tunisino. Le figure tunisine in Germania all’inizio del XX secolo.”. La disputa si terrà nel dicembre 2018.

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